FONS HONORUM PREROGATIVE DINASTICHE Come antico insegnamento della Dottrina, la Sovranità, nel suo pieno esercizio, comprende la esplicazione di quattro diritti fondamentali: 1. Lo “JUS IMPERII”, cioè il diritto al comando; 2. Lo “JUS GLADII”, cioè il diritto d’imporre l’obbedienza col comando; 3. Lo “JUS MAJESTATIS”, cioè il diritto di essere onorato e rispettato; 4. Lo “JUS HONORUM”, cioè il diritto di premiare il merito e la virtù. Allorquando un Sovrano viene estromesso dal dominio politico di un territorio, senza che compia alcun atto abdicativo o di acquiescenza al nuovo Ordinamento Politico, Egli subisce una “compressione” nei suoi due diritti, jus imperii e jus gladii, che conserva però come, suol dirsi “in pectore et in potentia”, nella qualità di “ Pretendente” al Trono perduto. Conserva, invece, in tutta la loro interezza, l’esercizio degli altri due diritti, jus maiestatis e jus honorum, che costituiscono la sua particolare Prerogativa che va sotto il nome di “FONS HONORUM”, connaturata nella sua funzione sovrana, che si esplica nella facoltà di “CREAR NOBILI ED ARMAR CAVALIERI” negli Ordini Cavallereschi di collazione dinastico-familiare del proprio Casato. Tale diritto si trasmette “Jure sanguinis” all’infinito, ai propri discendenti, in persona del “Capo di Nome e d’Arme della Dinastia”, onde il principio di diritto pubblico inglese “Rex non moritur” nel senso di perpetuazione dinastico-funzionale di tale Reale Prerogativa. Storicamente ciò si spiega perché il Sovrano, Monarca Assoluto o Costituzionale, esercita un mandato “per grazia di Dio”; legato al principio teologico “omnis potestas a Deo”; crisma che, per la sua natura divina, non può conoscere limiti. Il Sovrano, può perdere tali “Prerogative” soltanto in seguito a capitolazione politica, sotto forma di abdicazione, rinuncia, vassallaggio, acquiescenza, il che vien detto “debellatio”. E’ naturale, infatti, che il territorio, non può essere “soggetto” bensì “oggetto” della Sovranità, in quanto su di esso si esercita la potestà sovrana ed essendo, pertanto, sottoposto a tale potere, non costituisce il potere stesso. Che la sovranità possa essere disgiunta dal territorio, lo conferma, infatti, la posizione giuridica del S.M.O.M.; quella della Santa Sede, dal 1870 al “Concordato”; della “Croce Rossa Internazionale”; un tempo della “Società delle Nazioni”, poscia delle “Nazioni Unite”, come giustamente ebbe ad osservare l’On. Casilinuovo nella relazione alla Legge 3 marzo 1951 n. 178. Esistono dunque, di fatto, col pieno riconoscimento in campo internazionale, Personalità Giuridiche Internazionali” assolutamente prive di territorio, come pure “Ordini Sovrani” senza sudditi né territorio.  Afferma precisamente il Bascapè del Sacro Cuore di Milano: “La famiglia principesca già sovrana, mantiene il suo carattere dinastico e il suo Capo” conserva il titolo e gli attributi dell’ultimo Sovrano spodestato, col nome di “Pretendente”. Tali principi sono confermati da pareri di illustri giuristi, quali S.E. il Dott. Ercole Tanturri, Primo Presidente On. Della Suprema Corte di Cassazione, cui si associarono il Prof. Leonardo Puglionisi, Docente di Dir. Canonico nell’Università di Roma e S. E. Dott. Raimondo Jannitti-Piromallo, allora Presidente di Sezione della Corte di Cassazione (Giornale di Araldica e Genealogia n. 7-12 del dic. 1954) il quale, fra l’altro scrive: “La sovranità è una qualità perpetua, indelebilmente collegata e unita nei secoli a tutta la discendenza di colui che l’ha per primo conseguita o rivendicata e si concretizza nella persona fisica del Capo di Nome e d’Arme della Dinastia, indipendentemente da qualsiasi considerazione o indagine di natura politica, giuridica, morale e sociale che di quest’ultimo possa farsi, e che, come insegna anche la storia, non può assolutamente incidere sulla sua qualità sovrana”. Aggiunge il Gorino-Causa: “Le onorificenze possono essere conferite anche da chi non gode più in atto della sovranità territoriale. Il Sovrano spodestato, conserva la collazione dei suoi Ordini Gentilizi, mentre perde il Gran Magistero di quelli della Corona, facenti parte del patrimonio dello Stato”. In altri termini, come il Sovrano è titolare di due ben distinti patrimoni economici: quello privato e quello della Corona; parimenti è titolare di due distinti patrimoni araldici: quello dinastico-familiare e quello dello Stato. La perdita della sovranità territoriale importa di conseguenza la perdita di tutto ciò che si appartiene alla Corona ma giammai di ciò che costituisce patrimonio personale sia economico che araldico. Nella figura del Sovrano spodestato, oltre al legittimo esercizio del Gran Magistero dei suoi Ordini Dinastici, rimane quella speciale, indelebile qualità che lo rende “Fons Honorum”. Scrive un illustre Magistrato, S.E. il Dott. Ciro Gini, Primo Presidente On della Suprema Corte di Cassazione, in Sentenze della Magistratura italiana pronunciate posteriormente alla Legge 3 marzo 1951: Sarebbe lo stesso che voler inibire ai discendenti di Casa Savoia di conferire l’Ordine della SS. Annunziata o quelli dei SS. Maurizio e Lazzaro, entrambi di pertinenza esclusiva della loro “ Casa già Sovrana “ o ad Otto di Asburgo di conferire l’Ordine del Teson d’Oro che in effetti spesso conferisce a chi gli aggrada. Non può, invero, dubitarsi sulla qualità di “Pretendente” in Umberto di Savoia, non potendo giammai Egli ritenersi “Sovrano debellato”. E’ notorio, infatti, che Egli, subito dopo il “ Referendum “ del 1946, decise di partire per l’estero senza neppure attendere l’esito della proclamazione ufficiale dei risultati, quale chiaro atto di protesta al mondo come erano state condotte le consultazioni; esplicita manifestazione di non accettare, né riconoscere, il valore giuridico né politico della votazione. Conformemente dunque alla prevalente autorevole Dottrina, nessuno ha mai dubitato della “Fons Honorum” dei Rappresentanti antiche Dinastie spodestate, onde, i lontani discendenti della Imperial Famiglia “Angela Flavia” ebbero a concedere numerosi titoli nobiliari, la cui validità non venne mai messa in dubbio dagli Organi un tempo preposti alla loro tutela. Parimenti, nessuno ha mai dubitato della legittimità di celebri Ordini Cavallereschi, appartenenti a  Dinastie non più regnanti, quali il citato “Toson d’Oro” degli Asburgo oppure l’ “Ordine Costantiniano” della Casa Borbone Due Sicilie, entrambi ambitissimi non meno del Sovrano Ordine Militare di Malta, mentre numerosi sono gli esempi di titoli nobiliari concessi da Sovrani spodestati e pur riconosciuti validi in campo internazionale. Basta ricordare quelli concessi da Re Ferdinando II di Borbone dall’esilio di Gaeta, riconosciuti dalla Consulta Araldica Italiana; il titolo di Principe di Santa Flavia, concesso dal detto Sovrano, nella euforia della inattesa vittoria riportata su Garibaldi a Caiazzo, all’Ambasciatore di Spagna Don Salvatore Bermuda de Castro e confermato dalla Consulta Araldica con decreto 19 dicembre 1886, alla sua legittima discendente, Donna Maria Bermudes. Lo stesso Re Vittorio Emanuele II come ci tramanda Raffaele de Cesare ne “La fine di un Regno”  per concedere al Generale Cialdini il titolo nobiliare di “Duca di Gaeta”, chiese preventivamente una esplicita “REFUTA” al Borbone già in esilio, costituendo esso titolo un “appannaggio personale” dell’antico Sovrano. Innumerevoli sono gli esempi, antichi e contemporanei, di Sovrani decaduti, i quali, pure in esilio e fuori dal proprio territorio si sono avvalsi della prerogativa di nobilitare o concedere onorificenze dei propri Ordini Dinastici: dall’Imperatore Sigismondo, che, nel 1416, a Parigi, pregato dal Re Carlo VI di Francia, creò Cavaliere quel tal Sig. De Signal, onde abilitarlo all’ufficio di Siniscalco a Beaucaire, a S. Luigi Re di Francia, che prigioniero del Sultano Maleth, creò cavaliere un suo favorito, servitore musulmano, a condizione della preventiva conversione al cattolicesimo. Passando ai tempi moderni, ricordiamo il Granduca Cirillo che, proclamatosi Capo della Dinastia Romanoff, dopo l’eccidio di Ekaterinemburg, concesse a Matilde Fejxejevna, moglie del fratello Granduca Andrea, il titolo di Principessa Kransinka ed a Natalia Cerenetovski, moglie dell’altro fratello Granduca Michele, il titolo di Principessa Broso; ad entrambe, il trattamento di Altezza Serenissima; Re Vittorio Emanuele III, il quale, riconobbe la legittimità del conferimento del titolo di “ Duca di Danarca “ (Cipro) concesso dall’esilio, dal Re di Spagna, al Marchese Torres; Re Leopoldo del Belgio che, pur in stato di prigionia, concesse alla consorte, il titolo di Principessa de Rety, col trattamento di Altezza Reale, Re Carol di Romania che, dal lontano esilio in Brasile, concesse alla Sig.na Magda Lupescu, il titolo di Principessa Reale di Romania col relativo trattamento di Altezza. Persino la Repubblica di San Marino ha riconosciuto la qualità principesca della Dinastia Canusiana, alla quale appartenne la celebre Contessa Matilde. Titoli tutti pienamente riconosciuti in campo internazionale, pur essendo concessi da Sovrani non più nell’effettivo esercizio del loro potere politico. Di tali premesse dottrinarie e di diritto internazionale, si pervenne in Italia a numerose affermazioni in campo giurisprudenziale, con sentenze civili e penali, passate in giudicato, con le quali veniva riconosciuta la qualità sovrana di alcuni Gran Maestri di notissimi Ordini Indipendenti, ritenuti, pertanto,  soggetti di Diritto Pubblico Internazionali” e non compresi quindi nel divieto dell’art. 8 della Legge che prevedeva “Enti, Associazioni e privati”.  Con l’abolizione degli speciali Organi un tempo preposti alla tutela dei titoli nobiliari, OGGI, L’UNICA AUTORITÁ CHIAMATA A DECIDERE IN MATERIA È LA MAGISTRATURA, la quale provvede alla delibazione delle decisioni emesse dai Tribunali Arbitrali. Questa l’ “accertamento del titolo e della successione” deve applicare l’Ordinamento 5 luglio 1896 n. 314 , essendo stata abolita dalla Costituzione tutta la Legislazione araldica posteriore al 28 ottobre 1922 ( § XIV Transitorie ), della quale sopravvive solamente l’Ordinamento 7 giugno 1943 n. 651. I Principi, Capi di Nome e d’Arme delle Case ex Regnanti, sono nel pieno, legittimo e giuridico possesso delle “ Prerogative Dinastiche” consistenti nella “FONS HONORUM”, per cui, possono validamente concedere titoli nobiliari, con o senza predicati, relativi ai loro ex domini, nonchè onorificenze degli Ordini Cavallereschi di loro collazione dinastico- familiare. Fermo restando la indiscriminata facoltà di “accettazione” di tali onorificenze e di quelle concesse da “Stati Esteri”, da parte dei cittadini italiani, ne è consentito dei medesimi un “uso limitato”, in mancanza della prevista autorizzazione da parte del Ministro degli Affari Esteri, nei rapporti “privati in pubblico”, col solo obbligo della specificazione del grado e dell’Ordine di appartenenza, salvo ad ottenerne l’autorizzazione per un più completo uso ufficiale. Per consolidata Giurisprudenza, dalla legittimità dell’acquisto deriva la legittimità dell’uso dei Titoli, come espresso dalla Sentenza del Pretore di Napoli Dottor Tullio CHIARIELLO, Nr. 2230 del 2 febbraio 1942. In Italia a parte i SAVOIA ed I BORBONI esistono Case Sovrane di assodata validità, storicità e riconoscimento giuridico, circa la “Fons Honorum” tramite Sentenze. Fra queste si possono ricordare: SAVOIA AOSTA ASBURGO-LORENA ASBURGO d’AUSTRIA-ESTE BORBONE-PARMA AMOROSO COMNENO ANGELO FLAVIO LASCARIS PALEOLOGO D’ARAGONA PATERNÒ CASTELLO CARCACI AYERBE D’ARAGONA PATERNÒ CASTELLO DI CARCACI VALENCIA E SARDEGNA  D’ALTAVILLA d’HAUTEVILLE SICILIA-NAPOLI LAVARELLO LASCARI PALEOLOGO COSTANTINOPOLI SERBIA  LA BRUNA ANGELO DUCAS LASCARIS DI COSTANTINOPOLI   NEMAGNA PALEOLOGO FOCAS FLAVIO ANGELO DUCAS COMNENO GAGLIARDI DE CURTIS NAVIGAIOSI DI LEMNOS Sentenze Amoroso Sentenze Paternò Sentenze D’Altavilla Sentenze Lavarello Sentenze Nemagna Sentenze De Curtis Sentenze Navigaiosi di Lemnos Sentenze La Bruna